Kone volevasi dimostrare

La cessione di Kone conferma il talento di Foschi nel recuperare soldi ma anche il buco (bianco)nero del settore scouting
19.01.2018 17:01 di Gian Piero Travini   vedi letture
Moussa Koné
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Moussa Koné
© foto di DiLeonforte/TuttoCesena.it

Nel 2015 Moussa Saib Koné arriva a Cesena nell’ambito dell’operazione che ha portato in nerazzurro Valzania. Tra il 30 giugno 2015 e il 30 giugno 2016, secondo i bilanci ufficiali societari, Valzania viene venduto a 6 mln di euro, Koné e Varano vengono contabilizzati per 3,5 e 2,5 mln: il compenso per la prima cessione di ognuno dei tre giocatori verrà ripartito tra le due società. Gioco a somma zero. Koné è bianconero dal 10 luglio 2015.
Koné martedì scorso è stato ceduto Frosinone per circa 300mila euro - che per la stampa vicina alla società di corso Sozzi sarebbero “quasi 500mila euro” -, quindi un totale di 150mila euro per il Cesena e 150mila euro per l’Atalanta: il saldo negativo dell’operazione Koné è dunque di circa -3,35 mln di euro. Una perdita che sarebbe niente se il centrocampista avesse fatto la differenza in queste stagioni.
Così non è stato.

Koné non ha rinnovato il contratto. Ingaggio richiesto alto, prestazioni altalenanti - nonostante il cambio passo in questa stagione sia stato impressionante, e forse ancor più beffardo -, poca attitudine alla piazza: i rapporti tra il l’ivoriano e il Cesena non sono stati idilliaci e questa separazione fa più male alle casse - e agli equilibri in campo, finora - che allo spirito.
Koné nelle ultime dieci gare ha rasentato la perfezione, ma sulle stagioni passate in bianconero parliamo di un giocatore non sempre all’altezza delle potenzialità. Meglio guadagnare (poco) ora che perderlo a zero a fine anno, insomma. La risposta la darà il finale di mercato e, soprattutto, la categoria in cui a giugno il Cesena si iscriverà.

Al netto dei calciatori trattati dalla scorsa dirigenza - come Defrel, ad esempio - e dei giovani del precedente settore giovanile - Sensi e Valzania su tutti -, di concreto il mercato bianconero da compravendita non ha prodotto numeri stellari.
Oltre alla minusvalenza Koné, ci sono da mettere nel carniere i soldi per il passaggio completo di Krajnc al Genoa, per Mazzotta al Pescara e per Renzetti al Genoa, arrivato a Cesena dopo essersi svincolato dal Padova. Restano ancora da contabilizzare Ciano, Ragusa e Crimi, un’eventuale cessione di Valzania - in formissima quest’anno, ricordando che metà spetta al Cesena - e una plusvalenza da Varano. Ma a tutto il 2016 il saldo positivo è sotto il milione di euro, che in quattro anni di gestione è pochino, anche considerando quanto potrà arrivare in futuro.

Ancora una volta va ribadito che si sta ragionando al netto del parco giocatori ereditato dalla gestione Campedelli, che ha prodotto un attivo importantissimo, soprattutto grazie al talento di Foschi: resta a maggior ragione evidente come in virtù della sagacia e dell'abilità del diesse ai bianconeri non manchi affatto la capacità di far cassa, ma ci sia un vuoto tecnico nel settore scouting.
Vuoto tecnico che se fosse stato colmato nel 2013 avrebbe dato una grandissima mano ai conti del Cesena, ben più che ‘non accordi’ con l’Erario, imprenditori pistoiesi, fondi stranieri fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni e tante, troppe lamentele. Ma il paradosso è che più che spendere troppo, il Cesena non spende con saggezza, nonostante nella prossima stagione risparmierà senza dover pagare un ingaggio importante come quello di Koné.

I piani industriali - adeguatamente aggiornati nel corso degli anni - hanno sempre teso ad un abbattimento del costo del personale. Al bilancio ufficiale del 30 giugno 2015 gli stipendi superavano i 18 mln di euro, al bilancio ufficiale del 30 giugno 2016 si è arrivati a poco meno di 11,2 mln: 7 mln ai calciatori, 2,5 mln al settore tecnico, più altri stipendi. A questi vanno sommati i premi, che non sono computati tra gli stipendi. Vedendo la composizione della rosa della passata stagione è poi facile pensare che tale cifra rimarrà pressappoco immutata nel bilancio al 30 giugno 2017, che entro febbraio dovrà essere approvato. Insomma, si spende ancora troppo a leggere quelli che sono gli intendimenti societari da piano industriale e, con questi numeri, si iniziano a spiegare i problemi del mancato abbattimento del debito in questi anni.
Il secondo dato è che, viste le cifre, è assurdo non trovare budget per un piano di scouting reale - al di là del ruolo di osservatore di Giampiero Ceccarelli -, soprattutto quando da tre stagioni i risultati sportivi non sono all’altezza, soprattutto quando si tengono tre allenatori a libro paga.
Qui si parla di realtà attuale, non di eredità del passato. Si parla di programmazione. Che non c’è.
La minusvalenza Koné è solo un indice di quale sia il vero problema del Cesena calcio, ovvero l’incapacità di attualizzare il modello di gestione sportiva - e non manageriale, che sarebbe un’impresa per chiunque - a quelle che sono le nuove modalità del calcio nel 2018.

E vender ragazzini non è una soluzione possibile: è semplicemente nascondere i problemi sotto il tappeto.