Il Gioco del Settore tecnico

“Io dico ‘pane’ al pane e ‘vino’ al vino”. Rino v Giorgio, è scontro in società sul ds: ecco tutti gli scenari possibili
09.07.2017 18:30 di  Gian Piero Travini   vedi letture
Il Gioco del Settore tecnico
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© foto di Federico De Luca

RINO FOSCHI Il ds bianconero ieri mattina ha litigato pesantemente con il presidente Giorgio Lugaresi: la pietra dello scandalo - come riportato ieri in mattinata dal Corriere Romagna - sarebbero i rinnovi di Moncini e Setola. Ma la situazione è tesa da settimane: nell’ultimo cda infatti sono stati resi edotti i soci degli stipendi della scorsa stagione, molto più alti dei 5,5 mln fissati la scorsa estate. Lo sforamento di questi parametri ha creato notevoli tensioni all’interno della società e la stretta ai cordoni della borsa si è fatta più serrata, nel momento in cui Giuseppe De Luca ha fatto le sue richieste economiche per il trasferimento a Cesena, tutt’altro che morigerate. RF ieri avrebbe dunque alzato volutamente i toni per ottenere di più, ma va detto che da fine campionato, tramite i media, ha chiesto più volte chiarezza nei conti. La spiegazione per un monte stipendi così alto per Foschi va cercata negli attivi di mercato che la sua gestione del settore tecnico avrebbe portato. Ovvero: spendo di più negli stipendi, ma i soldi ci sono perché il mio mercato è in saldo attivo.
Foschi ha bisogno di soldi per i giocatori, e questo è da sempre - non da ieri - il suo modo di battere i pugni sulla scrivania per ottenere il massimo per la squadra, e non per se stesso: “Io dico ‘pane’ al pane e ‘vino’ al vino” ci ha spiegato Foschi in merito alla vicenda. E non è un caso se, alla vigilia della firma di un nuovo contratto - la data dovrebbe essere l’11 luglio -, un nodo da sciogliere sia proprio quello di quella parte della dirigenza che da più di una stagione lo contesta e che Foschi vorrebbe veder fuori dal Cesena.

GIORGIO LUGARESI Il presidente ha chiamato a raccolta i fedelissimi dopo lo sgarbo dell’amico di sempre, e ne ha chiesto la testa in riunione straordinaria, ma i soci e i dirigenti gli hanno rimpallato la decisione: per la prima volta ha impattato veramente con la realtà, cioè che il Cesena - nel bene e nel male - sia Rino Foschi.
“In una famiglia dove ci si vuole bene, può succedere. Tutto qua”: il presidente su Facebook riduce il litigio a una bagatella tra parenti e chiude la questione ecumenicamente con un ‘volemossebbene’, responsabile e molto politically correct. Forse troppo, per quanto accaduto: a prescindere dalle ragioni, il più grande problema del Cesena è la mancanza di alternative.

CESENA & CO. La contesa è tra Rino Foschi e Giorgio Lugaresi: gli altri soci stanno a guardare. Essenzialmente perché proprio Foschi e Lugaresi sono - con pesi specifici diversi - la Società. Quello che è innegabile, al di là delle battute, è che non si sta parlando di ragazzini e che all’orizzonte non ci sono papabili per le due poltrone. Se Davide Cangini ds e Mauro Urbini presidente sono ipotesi suggestive, quello che emerge dall’ennesimo scazzo tra i due - finito in un momentaneo nulla di fatto - è l’assenza di progettualità. Il tema in agenda della cooperativa alle spalle del Cesena ora più che mai dovrebbe essere il futuro - soprattutto finanziario e aziendale -, al di là di questi due nomi.
C’è chi vorrebbe andare avanti con questo assetto societario, ma senza il ds. Chi è contro Foschi, però, anche in questa occasione ne esce frustrato, eppur non sconfitto: l’impressione, anche all’interno del cda, è che questa sia stata l’ultima chiamata Foschi-Cesena, e che la prossima rottura potrebbe essere quella definitiva.

CAMPLONE Si è detto che se se ne andasse Rino Foschi, anche il mister andrebbe via. Camplone ha un contratto di un anno con il Cesena, ma sa che la A per lui passa anche dal suo rapporto con il diesse, come è stato per tanti - uno su tutti, Beppe Iachini -: la fedeltà è la caratteristica principale che il direttore cerca nei suoi uomini e, dunque, in un muro contro muro, il tecnico pescarese sceglierebbe quest’ultimo. Da qui a mollare Cesena però ce ne vuole.