Munari autocritico: “Avverto tantissimo il peso dei miei errori. Ho bisogno di fiducia per dare il massimo. Sul futuro…”

Un ragazzo che sente le responsabilità della maglia e non nasconde le proprie difficoltà. Riflessioni a profusione di un giovane virgulto bianconero che sogna di consacrarsi a Cesena.
29.10.2021 18:00 di  Giacomo Giunchi   vedi letture
Munari autocritico: “Avverto tantissimo il peso dei miei errori. Ho bisogno di fiducia per dare il massimo. Sul futuro…”
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© foto di Francesco Di Leonforte/TuttoCesena.it

Con l’intervista di oggi andiamo a conoscere meglio l’unico veterano della squadra, insieme a Andrea Ciofi, di quella “magica” stagione in Serie D del Cavalluccio, Davide Munari. Il giovane classe 2000 in questa prima parte di stagione sta scalando con merito le gerarchie di mister Viali e si sta pian piano ritagliando un posto nell’undici titolare, mostrando sempre molta grinta sul terreno di gioco. In questa chiacchierata Davide si è aperto parlando di presente e di passato, ammettendo anche che la sua storia di amore col Cavalluccio non è stata, e potrebbe non essere in futuro, priva di intoppi…

Munari, lei è nativo di Asiago, ma sin da molto giovane ha militato nelle giovanili del Torino. Cosa ha significato per lei andare via di casa così presto? Pensa che ciò l’abbia fortificata?
“Io sono andato via di casa a quattordici anni. All’inizio i miei genitori non volevano lasciarmi partire, ma era una cosa fondamentale per la mia crescita. Quindi appena c’è stata la chiamata del Torino, essendo io un ragazzo di montagna, luogo nel quale il calcio non è lo sport principale, ci sono andato subito. Vivere da solo i primi mesi lì a Torino è stato difficile, però poi mi sono trovato benissimo, crescendo di anno in anno e imparando a fare tutto da solo”.

Successivamente, nella stagione 2017/18, lei ha disputato pochissime partite nella primavera granata. Cosa successe in quell’annata?
“In primavera a Torino ero meno considerato di altri giocatori, quindi ho avuto dei momenti un po’ così, conditi anche da piccoli infortuni. Diciamo che c’era altra gente su cui contavano un po’ di più. Fu una stagione un po’ difficile per me”.

L’anno dopo invece, nel mercato invernale, a soli diciotto anni è giunto qui a Cesena, debuttando nel match contro l’Avezzano. Che ricordi ha di quella partita e di quel periodo in particolare?
“A Torino non stavo giocando molto. Venne fuori quest’occasione con il Cesena, ai tempi in Serie D. A questa piazza così importante non si può dire di no; non ci ho pensato due volte quando mi chiamò Pelliccioni. Il giorno stesso che mi ha chiamato ho contattato il mio procuratore e sono partito all’istante, quasi senza dire nulla a Torino”.

Mi sembra di capire che con il Torino si era rotto qualcosa…
“Sì, hanno cambiato un po’ i quadri tecnici e non era più come prima”.

A Cesena dopo tre giornate dal tuo debutto trovò subito il suo primo gol contro la Sangiustese, al 97', decisivo per il pareggio. Che emozione fu per lei?
“Quella rete mi è servita tantissimo, infatti per l’esultanza sono corso avanti e indietro per il campo. L’unica pecca è non aver fatto gol sotto la Curva Mare, che è una cosa che ancora sogno. Comunque fare gol a Cesena appena arrivato mi rese felicissimo e mi fece subito riconoscere dalla gente”.

Che poi sotto la curva il gol lei l’ha trovato la passata stagione contro il Gubbio, purtroppo però con gli stadi chiusi…
“Peccato, perché lì sarebbe venuta giù la Curva Mare… Non sono molto fortunato…”

In seguito a Giulianova, ha provato la grandissima emozione della promozione in Serie C. In quel momento, nonostante fosse a Cesena da pochi mesi, si è sentito già parte della squadra?
“In quella giornata noi andavamo giù sapendo che sarebbe bastato anche un pareggio, ma noi volevamo giocare per vincere. Era venuta tantissima gente da Cesena; peccato non aver vinto il campionato in casa, però fu comunque un’emozione molto grande. La vittoria del campionato a Cesena è un qualcosa che mi porterò sempre dentro”.

Nella stagione successiva lei tornò nella primavera del Torino. Quanto fu voluta quella scelta da parte sua? Le fece male non proseguire in Serie C con il Cesena?
“Io volevo rimanere a Cesena per confrontarmi con il mondo dei grandi, in una categoria come la Serie C. Il Torino però mi ha rivoluto lì e devo dire che è stata una vera beffa: era appena stata introdotta la regola dei cinque fuori quota e alla primavera granata venivano aggregati sempre giocatori che non trovavano spazio in prima squadra; io facevo parte di un gruppetto di ben dieci/undici under e quindi fino a gennaio non ho giocato. Nell’anno nuovo poi ho domandato se a Cesena mi volessero ancora e sono tornato non appena mi è stato detto di sì”.

Come mai non si riuscì a trovare l’accordo con il Torino già in estate?
“Il Torino non mi voleva proprio lasciare a Cesena perché volevano puntare su di me e inserirmi nella prima squadra, o almeno così mi hanno fatto credere. Poi hanno fatto questo cambiamento in società che ha tagliato le gambe ad un sacco di giovani e quindi mi sono perso metà anno”.

Al suo ritorno a Cesena però giunse anche l’incubo della pandemia di Covid-19. Che mazzata fu per lei non riuscire neanche a giocare una partita col Cavalluccio in quell’annata?
“Quell’anno lo saltai praticamente tutto. A Torino su venti partite ne avrò fatte cinque o sei. Appena ho avuto l’occasione di venire a giocare a Cesena, seppur sapendo che in Serie C non sarebbe stato facile, fui felicissimo, ma dopo pochissime settimane è arrivato il Covid. Fu una brutta mazzata”.

Possiamo dire che il karma adesso dovrebbe essere a suo favore…
“Sì veramente, ho una sfiga…”

Passando alla scorsa stagione, lei ebbe una partenza in chiaroscuro, con l’assist e l’espulsione rimediati nelle prime due giornate e le successive numerose panchine. Come prendeva queste decisioni del mister? Si aspettava più minutaggio?
“Io ero partito forte e il mister credeva molto in me. Lui mi ha insegnato moltissimo, mi ha cambiato ruolo ed io sono partito con quell’assist immediato: stavo volando sulle ali dell’entusiasmo. Dopodiché, nella partita contro la Triestina, ho fatto un intervento difensivo nel quale ho rimediato il rosso e da lì forse si è affievolita la fiducia su di me. Non so, non penso sia così, perché comunque Viali ha continuato nel darmi insegnamenti, mi sta facendo vedere il calcio veramente in una maniera diversa; è l’allenatore che non ho mai avuto”.

Sempre in quella stagione ha avuto uno stiramento alla coscia che l’ha tenuta lontano dal campo per più di due mesi. In quei momenti cosa le è passato per la testa?
“Oramai la sfiga ce l’ho addosso, quindi non ho pensato a niente se non a guarire bene e a rendermi disponibile per la squadra il prima possibile”.

Però poi contro il Gubbio, nel periodo di massima difficoltà della squadra, ha trovato un grandissimo gol che ha risollevato il Cesena. In quel momento si è sentito un po’ la squadra caricata sulle spalle?
“La squadra sulle spalle? No. Però ti dico: era un momento di grande difficoltà e il mister mi aveva dato un’occasione, dopo tutta la sfortuna che avevo avuto non potevo non sfruttarla. Quella opportunità e quel gol mi sono serviti molto per la mia autostima”.

Al termine dello scorso campionato pensa che ci sia stata una lezione per il vostro gruppo? Che insegnamento avete potuto cogliere dalla mazzata finale contro il Matelica?
“Quella partita è stata una legnata molto forte per chiunque. In ogni caso ci ha insegnato che le partite non finiscono mai e che bisogna stare sempre sul pezzo. Finché non hai vinto e non hai portato a casa il risultato devi sempre usare la testa bene ed essere sul pezzo. Per quella maledetta partita, nella quale non sono nemmeno sceso in campo, sono stato male per una settimana”.

In estate lei è stato accostato a diversi altri club. Da parte sua c’è sempre stata l’intenzione in estate di voler rimanere a Cesena, seppur senza un ruolo da titolarissimo, almeno alla partenza?
“Se devo proprio la verità, non avendo giocato moltissimo, avevo cominciato a ragionare su soluzioni alternative. Magari una squadra non così importante come il Cesena, ad esempio appena salita dalla Serie D nella quale si lascia ampio minutaggio ai giovani. Però andar via da Cesena non è facile. Qui non ho ancora dato quello che voglio dare. Voglio fare un anno fatto bene e dare tutto me stesso; non ne ho ancora avuta l’occasione”.

Quest’anno però si sta ritagliando un posto di maggior rilievo, anche da titolare. Pensa che questa potrebbe essere la stagione della sua esplosione?
“Io lo spero sempre. Ma non si sa mai, perché anche lo scorso anno ero partito alla grande ma poi è successo quello che è successo. Io purtroppo sono un ragazzo così: appena ho un po’ di fiducia viene fuori tutta la mia qualità, ma quando questa fiducia non mi viene data mi rinchiudo in me stesso e ho delle difficoltà. So di dover migliorare e mi sto allenando anche sotto questo aspetto. Ho trovato persone come mister Medri e mister Viali che mi stanno aiutando tantissimo, vedremo come va quest’anno”.

Quando entra a partita in corso spesso si ha la sensazione che abbia voglia spaccare il mondo. Diciamo che non si lascia sfuggire le occasioni che le vengono concesse, no?
“Quello sì, l’unica cosa è che io appena faccio un errore vado in crisi di testa, e questo lo devo migliorare; sono così ormai da tanto. Faccio fatica però pian piano sto facendo passi avanti. Poi appena entro e mi vanno bene le cose so che posso spaccare il mondo”.

Nel ruolo di terzino si è notata qualche lacuna difensiva di troppo; cosa le dice Viali a riguardo, da ex-difensore di Serie A qual è stato? Pensa di avere molti margini di miglioramento in questa fase?
“Dei margini di miglioramento ce li ho sicuramente, perché comunque fino ad ora non avevo mai fatto questi movimenti e non ho mai difeso. Negli ultimi due anni penso di essere migliorato molto in fase difensiva, anche se ho ancora moltissime lacune. Prima o poi sarò in grado di difendere dappertutto, però ho ancora molto da imparare”.

A proposito di ruoli, preferirebbe rimanere così duttile o specializzarsi in un ruolo in particolare? In quale ora si trova meglio?
“Ti dico la verità, a me basta giocare, anche in porta (ride, ndr). Poi vabbè, per il ruolo il mister dice che mi vede come terzino, a me piacerebbe molto sulle fasce anche d’attacco, in cui posso allungarmi la palla. Ora sto provando anche la mezzala: vediamo come va, dai. La priorità adesso resta a prescindere la fase difensiva, il mio pane quotidiano”.

Munari, ad oggi il suo futuro lo vede a Cesena?
“È una domanda difficile… Rimanere qui il più possibile ovviamente mi renderebbe felicissimo. Però se ci fossero nuove difficoltà e non giocassi molto, essendo ancora giovane sarebbe proficuo trovare un’altra opportunità nella quale giocare di più. C’è da dire che fino a quando qui gioco non ci penso nemmeno ad andar via da Cesena. Vorrei macinare minuti, quello che mi è sempre mancato in carriera”.

Invece con Viali che rapporto ha?
“Un rapporto allenatore-giocatore, molto normale. Ovviamente mi sta insegnando moltissimo e di questo gliene sono molto grato”.

Le dà noia essere a volte essere al centro delle critiche dei tifosi? Riesce a non dare troppa importanza a queste cose?
“All’interno dello spogliatoio forse qualcosa lo subisco; se magari un veterano ti dice qualcosa su qualche sbaglio, provi a migliorare ma un po’ inevitabilmente ti butta giù; niente di ché, eh… Al di fuori del campo invece non ascolto proprio nessuno, non sono il tipo”.

Chiudiamo con una curiosità: il suo numero di maglia è il numero 11. Che significato ha per lei questo numero? Chi ritiene che sia il più forte numero 11 dei nostri tempi?
“L’11 ai tempi del Barcellona era Neymar, sappiamo bene tutti chi è. Ma ho scelto l’11 perché per me ha un significato profondo: è la data di nascita di mio padre. Ho sempre avuto l’opportunità di portare questo numero, anche al Torino, e quindi sono contento di essermelo portato dietro. Inoltre anche mio cugino, che gioca ad hockey, ha la maglia numero 11”.