E chissenefrega se Djuric è meno forte di Hubner...

27.04.2016 08:00 di  Redazione Tuttocesena   vedi letture
Fonte: Stefano Manzi
E chissenefrega se Djuric è meno forte di Hubner...
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© foto di Federico Gaetano

Nel giorno in cui la Juventus vince il suo 5° scudetto consecutivo - scrive il blogger Stefano Manzi - mentre Roma e Napoli danno vita ad un duello pieno di suspense per entrare in Champions League dalla porta principale con Inter e Milan ormai battute, io non me ne curo e sto invece lì a preoccuparmi per il risultato della gloriosa Virtus Entella o per il posticipo tra i galacticos di Novara e Perugia … La domanda potrebbe sorgere spontanea: perché lo fai? O meglio, perché ti fai? A battuta potrei rispondere con battuta: il Cesena è una droga, la mia droga. Ma sarebbe un po' come non rispondere, come un bambino che piccato ti dicesse “perché si”. La questione merita invece di essere approfondita.
A fine anni '70 giocavamo davanti al cancello di casa, per strada, con quattro mattoni a delimitare il campo, immaginando di essere Frustalupi o Ceccarelli, poco più tardi Schachner o Piraccini, ma mai Rivera, Mazzola o Bettega, piuttosto Ammoniaci o Benedetti, ma gli strisciati no di sicuro! E’ così che sono cresciuto, la bandiera col cavalluccio in bella mostra davanti al letto, il poster di Garlini sulla parete e alla domenica pomeriggio l’appuntamento con il curvone della Fiorita pieno all'inverosimile. Serie A, serie B, gioie e dolori, pianti e risate, sole, vento, acqua, neve e tempesta. Sarà che nei ricordi di gioventù tutto è più bello o più buono, come la girella o i famosi bastoncini di pesce, ma quei pomeriggi non li cambierei con nulla al mondo: mio babbo che accompagnava i giovani fratelli allo stadio, il frettoloso salire le scale in legno per scorgere il primo ritaglio di verde del campo, l'ansia per le formazioni fino a quel momento solo immaginate, l'ingresso in campo accompagnato dal lancio di decine e decine di piani di morbidezza e poi finalmente la partita, l'apoteosi di quindici giorni in spasmodica attesa. Quanti ricordi. Quando vieni su così, poi è troppo tardi per cambiare e chi lo fa è un traditore della peggior specie. Inevitabilmente resti fedele, fosse anche che ti devi sorbire della serie C in posti improbabili, sperduti lassù nelle valli prealpine o nella bassa in mezzo alla nebbia, fitta anche a ferragosto. E tutto sommato, ben vengano le difficoltà, maggiori sono e più si fortifica l'orgoglio ed il senso di appartenenza. Diventi anche tu un pezzo della storia del club, perché c'eri nei momenti bui e sei intimamente convinto di aver maturato maggiori diritti quando, ogni tanto, giunge l'ora di festeggiare.
Arrivato ad una certa età, con tante stagioni alle spalle nelle quali ne hai viste di tutti i colori, è davvero sorprendente essere ancora lì a preoccuparsi per un Latina-Entella qualunque. Lo capisci da solo che proprio non ha senso, ma non ci puoi far niente, è come lo starnuto o il battito di ciglia, succede punto e basta. La diagnosi è spietata, sei malato di Cesena e non guarirai mai più… E allora, che razza di senso può mai avere volerle meno bene, solo perché c'è una allenatore anziché un altro? Oppure perché la dirigenza sta più o meno simpatica? E chissenefrega se Djuric è meno forte di Hubner o se Capelli non sarà mai Danova. Cosa volete che me ne importi che Sensi debba mangiare ancora tanti panini per diventare Jimenez o che Kessie di Bonini abbia poco o nulla. In tutti questi anni ho applaudito campioni e scalzacani, ho appoggiato mirabili strateghi e rivedibili direttori d'orchestrina, ho incoraggiato superbi cavalli di razza e patetici ronzini. Sapete cosa vi dico? Non mi dispiace affatto, tutti hanno meritato il mio tempo e la mia passione per il semplice fatto di indossare la maglia bianconera, il mio sogno da bambino. E quindi forza Magnusson, vai Ragusa, alé Garritano ed evviva Drago!